Con il termine “cosificazione sessuale” la letteratura sociologica intende la rappresentazione, spesso a fini pubblicitari, di una persona ridotta ad oggetto sessuale. E quasi sempre, l’immagine mostra una donna sessualizzata con la funzione di trasferirne la desiderabilità sull’oggetto da pubblicizzare.
Ma questo fenomeno non si ritaglia soltanto quale azione meramente sconveniente, il messaggio veicolato diviene pericoloso facendosi portavoce di una identità della donna ancora oggi depersonalizzata, depredata di valori, intelligenza, personalità, emotività.
Il processo di oggettivizzazione, attiva un significato preciso, quello di svilire una donna, rendendola un essere di serie b.
Significa rendere possibile un atteggiamento di deresponsabilizzazione nei confronti della stessa. Ridotta ad uno stato di mercificazione, consente di essere negata come essere umano.
Quando assistiamo a tutto questo, non assistiamo soltanto ad una pubblicità, si tratta di un messaggio che si rende portavoce di una cultura sessista, riducendo l’integrità della donna esclusivamente ad una funzione.
Il genere di messaggio non è divertente, non è seducente, non è attraente.
E’ triste. Becero. Povero. Ignorante.
Per un Centro Antiviolenza che ogni giorno condivide azioni di contrasto verso ogni forma di abuso e difende la promozione di una cultura del rispetto, è inaccettabile assistere all’utilizzo di immagini sessualizzate con la finalità di supportare la diffusione di uno scooter o di qualunque altro bene di consumo.
Pertanto, chiediamo la rimozione di una pubblicità protesa ad offendere o rendere oggetto, l’identità di ogni donna, assicurandoci del fatto che, la lotta contro ogni forma di violenza, sia questione e valore di ogni individuo in grado di definirsi partecipe di una società civile.
Dott.ssa Vincenza Bifera
Referente Etica del Linguaggio
Centro Antiviolenza Galatea
Rispondi