“Comu finiu ? A tri tubi” – la triste storia di un detto siciliano


“Finiu a tri tubi” è una tipica espressione ironica caratteristica del siciliano orientale, preceduta dal “Comu finiu ?” manifesta di certo l’esito non positivo di un evento. Dunque, un modo curioso e ironico per venire fuori da una conversazione. Ormai utilizzata anche dalle nuove generazioni rappresenta uno dei modi di dire  più frequenti e spesso sostituita da espressioni meno garbatecome “finiu a fetu” o “finiu a schifiu”.

Ma da dove proviene l’espressione ? E soprattutto cosa c’entrano i “tre tubi ? 

Per conoscere la sua origine dobbiamo tornare indietro al 1909-1910, quando venne costruito il piroscafo chiamato “Città di Catania”, caratteristico appunto per i suoi tre lunghi comignoli. Il piroscafo, iscritto con matricola 43 al Compartimento Marittimo di Palermo, faceva parte di una serie di quattro modelli impiegati dalle Ferrovie dello Stato nel trasporto di passeggieri, ma dal 1912 venne utilizzato come incrociatore ausiliare per scopi militari, e si distinse per la su efficacia prima nella guerra italo-turca e poi allo scoppio del primo conflitto mondiale. 

Alla fine della prima guerra mondiale, la “tre tubi”, così veniva chiamata, fu restituita alle Ferrovie dello Stato per adempiere al servizio di linea postale. Successivamente, fu ceduto alla Società Anonima di Navigazione Tirrenia e nel 1933 partecipò alla crociera Nord Atlantica degli idrovolanti di Italo Balbo, il politico, generale e aviatore italiano. Con lo scoppio del secondo conflitto, “Città di Catania” venne risparmiata dall’esercizio bellico e impiegata nel trasporto di soldati e civili. 

Tutto questo fino al 3 Agosto 1943.

Il sogno della trasvolata atlantica svanì per mano di due siluri lanciati dal sommergibile inglese HMS Unruffled che avvistò il piroscafo siciliano una volta lasciato Durazzo con direzione Brindisi. A bordo c’erano 407 passeggieri civili e militari e 105 dell’equipaggio. I siluri lo colpirono sul lato sinistro, a centro nave, rompendo la chiglia. La maggior parte dei passeggeri era sistemato presso il salone centrale. “Città di Catania” scomparve e con esso anche 207 passeggeri e i 49 membri dell’equipaggio. I superstiti raccolti sulle scialuppe raccontarono ai giornali dell’epoca quell’immagine iconica che gli si parava davanti: l’inabissarsi, appunto, di quelle grosse tre canne fumarie. 

C’è da dire che l’uso dell’espressione “a tre tubi” viene fatta risalire anche al periodo delle migrazioni verso l’America. Una volta arrivati nel Nuovo Mondo, perlopiù mariti che si lasciavano dietro le famiglie, iniziavano una nuova vita facendo perdere le loro tracce. Alle mogli rimaneva il ricordo dell’ultimo saluto al porto e a chi chiedesse loro notizie sulla sorte dei propri consorti non potevano che rispondere ‘a tri tubi’.

Insomma, una delle espressioni più iconiche della Sicilia orientale poggia le sue basi su vicende storiche e sfortunate, sottolineando ancora di più quel sapore aspro e magnifico che tinge di nero l’origine di un popolo. 

Danilo De Luca

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