L’infanzia negata dei bambini soldato


Sono più di 250.000 i minori di 18 anni, che vengono privati della loro infanzia ed utilizzati dagli eserciti regolari e dai gruppi di ribelli nei conflitti armati.

Il continente africano detiene il triste primato, di essere il paese dove i bambini e le bambine subiscono il maggior numero di violazioni dei loro diritti.

Hanno tra i 15 e i 18 anni – anche se la soglia può abbassarsi fino a 10 – i baby-soldati costretti spesso con la forza, talvolta con false promesse, ad abbandonare i giochi dell’infanzia e cominciare ad utilizzare armi da guerra come bombe a mano, kalashnikov, Ak47 o di fucili d’assalto americani M16, leggeri da maneggiare come armi giocattolo.

Ma non solo bambini soldati; sono sempre più le bambine e ragazzine, che vengono rapite durante le incursioni dei ribelli, ridotte in schiavitù e costrette a subire violenze ed abusi, con il forte rischio di contrarre l’HIV e restare incinte.

Nonostante le numerose convenzioni internazionali, firmate con lo scopo di difendere i diritti dell’infanzia, in paesi come l’Africa e l’Asia questo brutale fenomeno continua a persistere e ad aumentare.

Ma una sentenza storica, è stata emessa lo scorso 14 marzo dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja, nei confronti del signore della guerra Thomas Lubanga, ex capo dei miliziani congolesi, con l’accusa di crimini di coscrizione e arruolamento di bambini di meno di quindici anni.

Lubanga, 51 anni, è stato il leader dell’Unione dei Patrioti Congolesi (Upc), una milizia accusata di aver arruolato i minori durante i cinque anni di guerra che hanno insanguinato la Repubblica democratica del Congo fino al 2003, costati la vita a circa 60.000 persone.

E’ la prima volta che una persona è stata arrestata in base ad un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale, creando così un precedente giuridico, che potrebbe segnare un punto di svolta  nella campagna per la protezione dei diritti fondamentali dell’uomo.

Maria Chiara Coco

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